Da alcuni anni l’interesse dei cultori di tradizioni popolari e degli studiosi di etnomusicologia si è andato concentrando su di una porzione dell’Appennino settentrionale che delimita un’area abbastanza omogenea dal punto di vista della cultura materiale. I confini amministrativi fra provincie e regioni diverse non hanno generato frontiere culturali – come spesso accade nei territori di montagna – ma situazioni di affinità favorite da contatti fra valli che afferiscono a comuni giogaie di monti. Le vie di arroccamento (mulattiere e sentieri) fra la costa ligure e l’entroterra padano hanno reso possibili contatti sociali, culturali, linguistici. Essi sopravvivono ancora oggi nonostante i veloci processi di modernizzazione e di globalizzazione, anche in conseguenza di un certo isolamento di questi territori rispetto al passato. Ciò ha reso possibile la sopravvivenza di antiche consuetudini, accomunate dal canto corale e dal ballo di gruppo mediante l’impiego di strumenti musicali come il piffero. La presenza di queste tradizioni, oggi favorite da un certo revival identitario, consente di stabilire collegamenti con pratiche musicali e coreutiche che sembrano tracciare un filo rosso fra le quattro provincie di Piacenza, Pavia, Alessandria e Genova con la tradizione monferrina dell’astigiano e, un po’ più lontano, con quella occitana che si estende dalle Alpi Marittime e Cozie fino ai Pirenei.
Annibale Salsa
Antropologo, nato nell’entroterra di Savona nel 1947, già Presidente del Club Alpino Italiano dal 2004 al 2010, Presidente del Comitato Scientifico di Accademia della Montagna del Trentino. Ha insegnato Antropologia filosofica e Antropologia culturale presso l’Università di Genova fino all’anno accademico 2007. Ha condotto studi e ricerche su tematiche relative alla genesi ed alla trasformazione delle identità delle popolazioni delle Alpi, soprattutto in rapporto alle problematiche dello spaesamento e dei rispettivi risvolti psico-antropologici ed etno-psichiatrici. Si occupa di temi e problemi attinenti l’Antropologia del turismo montano con particolare riferimento alle Alpi in generale. E’ autore di articoli e di saggi su Riviste scientifiche specialistiche e di divulgazione, anche in contesti internazionali.
Svolge attività di docenza presso la “Trentino School of Management” (Tsm) “Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio” (Step) della Provincia Autonoma di Trento. E’ membro accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (GISM). Ha vinto il “Cardo d’oro” Premio ITAS 2008 (Trento) con il saggio: Il tramonto delle identità tradizionali. Spaesamento e disagio esistenziale nelle Alpi, edito da Priuli&Verlucca di Ivrea.
I Müsetta sono un gruppo di musica tradizionale italiano originario della provincia di Piacenza. La formazione nasce all’inizio degli anni settanta dall’incontro di Ettore Losini detto Bani, suonatore di piffero di Degara di Bobbio, con Attilio Rocca, detto Tilion, fisarmonicista di Ozzola di Corte Brugnatella. L’ingresso nel gruppo nel 1988 di Piercarlo Cardinali di Piacenza reintroduce l’uso della müsa, cornamusa appenninica, da tempo scomparsa. Portatori della tradizione musicale delle quattro province insieme raccolgono un vastissimo repertorio di musiche da piffero in val Trebbia.
Questo repertorio comprende oltre le antiche melodie da ballo come alessandrina, monferrina, giga, bisagna, perigordino, quelle più recenti, polca, mazurca, valzer e i brani che scandivano i momenti della vita contadina: le questue come il Carlin di maggio, la leva con Leva levon; il matrimonio con la Sposina e altri brani “da strada” come la Sestrina, per accompagnare cortei nelle varie occasioni.
Il duo tradizionale composto da piffero e fisarmonica, o fino agli anni trenta dalla müsa, era chiamato un tempo müsetta, da qui proviene dunque l’attuale nome del gruppo.
Da alcuni anni, a Tilion e Cardinali, si sono avvicendati Davide Balletti, bobbiese cugino di Attilio, alla fisarmonica e Marion Reinhard, bobbiese di origine tedesca, fagottista di fama internazionale attualmente componente dell’Orchestra Sinfonica del Teatro alla Scala di Milano, che ne I Müsetta suona con naturalezza piffero, musa appenninica, piva e ovviamente fagotto.
Data la loro abilità tecnica nel usare gli strumenti e la grande conoscenza del repertorio vengono chiamati ad esibirsi in concerti in Italia e all’estero.