“Non mi hanno preso al corso roccia, vieni giù che ci iscriviamo ad Alpinismo! Sbrigati che ci sono pochi posti!”.
Il mio corso è iniziato cosi, un po’ per caso, con una telefonata allarmata e minacciosa della mia ragazza. Perché si sa, a volte, le cose più belle sono quelle che non hai pianificato. E cosi, in quello strano pomeriggio di febbraio, arrivando in tutta fretta alla sede Cai per iscrivermi e sperando di trovare ancora un posto disponibile, è iniziata la mia avventura.
Un’avventura fantastica, difficilmente spiegabile a parole, ritrovata e condivisa negli occhi lucidi dei miei compagni ed amici sulla vetta della Marmolada all’ultima uscita. Non era il tempo splendido, né la bellezza del panorama e nemmeno il caldo inaspettato a renderci così felici ed emozionati, lo saremmo stati anche con la pioggia ed il freddo. Era la consapevolezza di aver fatto qualcosa di speciale che andava al di là dello sforzo fisico o del panorama, al di là del posto in cui ci trovavamo. Quella vetta rappresentava l’apice del nostro percorso, la somma dei momenti vissuti insieme in tutti questi mesi, degli guardi imbarazzati alla prima lezione quando ci siamo presentati ai nostri istruttori ed ai nostri compagni, della prima serata in sede quando ci hanno mostrato il materiale base per fare il corso e subito ci siamo resi conto che anche scavando nei nostri armadi non avremmo trovato nemmeno un paio di calze adatte, delle prime uscite quando abbiamo iniziato a prendere confidenza con i materiali e con le procedure di progressione su neve, scoprendo che mettersi in sicurezza con un nodo barcaiolo ad un appiglio sicuro, serve tanto in ambiente quanto a fine giornata, dove vino e la birra scorrono più velocemente di quanto non lo facessero le nostre corde poco prima, ma la necessità di un appiglio sicuro per non cadere è la stessa…
Ricordo bene quando siamo arrivati sulla vetta del Monte Penna. Le nuvole erano basse e c’era freddo. Non si vedeva a un palmo di naso, ma già avvertivamo quella emozionante sensazione di aver fatto un primo passo verso qualcosa di nuovo. Era bello essere li. Sia con i compagni che con gli istruttori, che pazientemente e molto faticosamente avevano lottato con noi tutta la giornata tentando di spiegarci la differenza tra barcaiolo e mezzo barcaiolo.
Ricordo la prima lezione di tecniche di progressione su roccia in palestra. Già mettendo le scarpette da arrampicata ho pensato che avrei dovuto tagliarmi le dita dei piedi per non sentire male. La sensazione della magnesite sui polpastrelli. La prima volta che il mio istruttore mi ha aiutato a salire sulla più facile delle vie in palestra. Arrivando a terra l’ho guardato con l’aria fiera di chi sente già di essere a un passo dal professionismo. Forse i passi erano e sono un po’ più di uno… Stessa sensazione provata alla prima uscita al Budellone con la discesa in corda doppia, quella a prova di vertigine, dove finisci nei cespugli o sugli alberelli perché hai paura a guardare in basso. E poi al Gaino con le sue rocce appuntite, dove impari che la forza è niente senza equilibrio e tecnica.
Ricordo con un sorriso la torre dei vigili del fuoco, visibile già dal cavalcavia e poi dal parcheggio, gli sguardi scambiati con i miei compagni e le domande agli istruttori “Dobbiamo calarci veramente da lassù?” “Ma proprio dall’alto?” “Non possiamo fermarci due piani più in basso?”. Mi rimbomba ancora nella testa la voce del mio istruttore “Devi imparare a fidarti del materiale!”. Voce che si è fatta più forte in Rocca del Prete, con la calata in corda doppia in ambiente.
Ricordo con grande piacere il primo weekend con notte al rifugio Ventina, le difficoltà iniziate già solo facendo lo zaino. Nonostante le raccomandazioni di Lucio nel non esagerare, la sensazione di non avere tutto e quella classica ansia da alpinista inesperto alla prima uscita che ti spinge a pensare “Beh questo potrebbe servire…” e ti porta ad avere uno zaino con dentro anche la coperta di lana che nonna ti aveva regalato in terza elementare… La fatica nel salire, la bellezza selvaggia della Val Malenco, le risate nel rifugio, la notte praticamente insonne per la novità, per il compagno che russa, per qualche alpinista che parte presto, perché fa caldo con le coperte ma fa freddo senza, le trattenute su ghiaccio, le risate per il compagno che non ha trattenuto ed è stato trascinato per dieci metri, la merenda, il ritorno in pullman dormendo e cantando, cantando e dormendo….
La Marmolada. Ricordo la prima lezione quando ancora non ci conoscevamo e per rompere il ghiaccio ci dicevamo “Ah, chissà che bella l’ultima uscita in Marmolada, a punta Penia!”. Non è stata così bella come ce l’eravamo immaginata. Molto di più. Inimmaginabile. Indescrivibile. Siamo tornati ieri. Mi emoziona ripensarci. Ripercorrere questa uscita e tutto questo corso. Mi emoziona aver trovato un gruppo di amici che hanno condiviso questa esperienza con me. Mi emoziona aver trovato nei nostri istruttori persone tanto appassionate da dedicare il loro tempo libero ad insegnarci come superare le nostre paure, i nostri limiti e le nostre incertezze, con pazienza e dedizione.
Ci avete fatto capire che l’alpinismo non è solo tecnica e capacità fisiche, è amore, condivisione e soprattutto fiducia. Fiducia nei materiali, fiducia nei compagni di cordata e soprattutto fiducia nell’istruttore.
Ci emozioneremo sempre, quando torneremo su un ghiacciaio, su una parete di roccia o semplicemente quando ci metteremo i ramponi e le ghette, ripensando ai vostri insegnamenti, ai vostri urli, alle vostre pazienti spiegazioni. Se questo è stato solo un punto di partenza e non un arrivo il merito è vostro.
A Lucio, stella polare della scuola e punto di riferimento per tutti. A Lino, mio paziente istruttore nonché guida fisica e spirituale per tutto il corso. E poi a Claudio, Edo, Franco, Gigi, Giuseppe, Lorenzo, Matteo, Marino, Maurizio, Morena, Pietro, Raffa e Raffo, grazie da tutti noi.
A tutti i miei amici del 39° Corso di Alpinismo, con i quali ho condiviso tutto, gioie, dolori, fatiche e tanto tanto divertimento. Grazie di cuore.
Questo è solo un arrivederci, perché sono certo che ci rivedremo presto.
Da Matteo agli amici e istruttori del 39° Corso di Alpinismo